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martedì 21 luglio 2020

Gruppo di lettura Cambiare l'acqua ai fiori


Gruppo di lettura
Martedì 21 luglio ore 19 al Tennis Erba
Incontro sul libro Cambiare l'acqua ai fiori di Valérie Perrin - E/O
ingresso libero - su prenotazione

giovedì 27 febbraio 2020

Il ciarlatano di Isaac Bashevis Singer - Adelphi



Il ciarlatano
di Isaac Bashevis Singer


Un romanzo assolutamente originale, che non può lasciare indifferenti di fronte alla società e agli individui che descrive. In particolare proprio la descrizione degli ambienti e la caratterizzazione dei personaggi distinguono la capacità narrativa del grande scrittore.
La vicenda ruota attorno alla figura di Hertz Minsker, un ebreo colto e nullatenente che tira a campare approfittando del suo fascino indiscusso. Cadono nella sua tela uomini e donne, attratti inesorabilmente dai suoi modi gentili e dal suo eloquio interessante. Non è cattivo, su questo non c'è dubbio, ma non ha valori e sentimenti profondi, nè progetti di vita nei quali credere e ai quali dedicarsi. Le persone che frequenta non sono peraltro gran che meglio di lui: uomini come Morris Kalisher, dedito perennemente a incrementare il proprio patrimonio o come il magnate californiano Weiskats, talmente ricco da dilapidare parte dei suoi averi per una briciola di fama. Lo stesso dicasi per le figure femminili, accomunate da un senso morale labile, da una disponibilità eccessiva nei confronti di questo o quell'uomo, nella sola speranza di conservare o migliorare il proprio stato sociale.
Comune denominatore di questa umanità amorale è la loro condizione di ebrei fuggiti da un'Europa sconvolta dalla guerra e dalla minaccia nazista. Hanno lasciato laggiù famiglie, ricordi, legami per trasferirsi nella terra dei sogni, l'America della libertà e della ricchezza. Vivono in una situazione di sbalestramento nella quale rivolgono i loro pensieri al dramma dell'Europa ma sanno bene di non poterci fare nulla. Chissà se le loro esistenze e i loro comportamenti sarebbero stati altrettanto futili e cinici se invece di fuggire fossero rimasti nel loro paese d'origine, a contatto con la loro cultura.
L'unico aspetto culturale che non rinnegano è la religione ebraica, alla quale tutti quanti si ispirano e ai cui precetti uniformano i loro comportamenti. Non si curano però dei valori profondi che potrebbero applicare nella conduzione delle loro vite, ma dei precetti formali e delle consuetudini ortodosse più esteriori, con i quali si costruiscono una corazza che protegge la loro identità di minoranza.
A questo proposito è rilevante notare come non ci sia alcun tessuto relazionale tra la comunità di profughi ebrei trapiantati a New York e il popolo americano. A testimoniare che la condizione di migrante è sempre e comunque elemento di emarginazione, ma anche che la volontà di conformarsi ai precetti della religione contribuisce a enfatizzare l'isolamento.
Notevole la capacità di autoironia di Singer nel descrivere in modo farsesco e caricaturale dei personaggi che altrimenti ci sarebbero risultati odiosi e insopportabili. In effetti l'autore, che ha scritto questo romanzo in lingua yiddish, si rivolgeva agli ebrei americani, forse per metterli in guardia da comportamenti che lui per primo giudicava eccessivi.


martedì 26 novembre 2019

E dal cielo caddero tre mele

E dal cielo caddero tre mele
di Nadine Abgarian 
Francesco Brioschi editore



La lettura di "E dal cielo caddero tre mele" ci accompagna fin dalle prime indimenticabili righe di un incipit originale e foriero di presagi futuri, in un mondo arcaico sospeso nel tempo. Il borgo di Maran, arroccato in cima a un monte roccioso e scosceso, afflitto da intemperie e terremoti, abitato da un pugno di uomini e donne dai nomi bizzarri, ci ricorda la cittadina di Macondo e la sua atmosfera di realismo magico, dove realtà storica e fantasia si mescolano sapientemente. Così come si mescolano il progresso del mondo che sta al di fuori di Maran e le credenze popolari degli anziani abitanti, tramandate da secoli e gelosamente conservate nei bauli della memoria. 
A Maran la vita scorre con grande semplicità, come in qualsiasi villaggio appena sfiorato dalla modernità. Ciò che conta è vivere, sopravvivere, riprodursi e morire, possibilmente in pace. Per altro non c'è tempo. Quelle che Nadine Abgarjan descrive sono vite minime, intense e profonde nella loro essenzialità.
E' il racconto di un mondo antico dove la vita quotidiana è all'occhio di tutti e il sistema di relazioni radicato e diffuso. Tutti conoscono tutti, gli interventi di solidarietà sono diretti e spontanei, il rispetto per la natura accompagna ogni gesto.
L'atmosfera idilliaca e fiabesca è velata dal tema di decadenza e rassegnazione che si delinea nelle prime pagine. Un mondo così estraneo alla modernità è destinato a finire, ad esaurirsi spontaneamente per cedere il passo a uno scenario di vita contemporaneo. Ma lo sviluppo del romanzo apre le porte alla speranza, alla possibilità che, dopotutto, ci sia una rinascita.
E se stentiamo a credere che nel caso di Anatolija le cose possano davvero andare così, con l'epilogo di una nascita inattesa e molto improbabile, data l'età avanzata della donna, possiamo invece augurarci e sperare che non tutti i villaggi siano destinati a svuotarsi e morire, che non tutti gli abitanti si riversino nelle città e che possa invece rinascere una nuova civiltà contadina che ripopoli la lande remote, attingendo sia alla cultura atavica sia al sapere contemporaneo.

giovedì 18 luglio 2019

Fuori per sempre         
di Doris Femminis
Marcos y Marcos




Un romanzo "fuori dagli schemi" quello del'autrice ticinese Doris Femminis, che attinge al suo vissuto di infermiera psichiatrica per raccontare la storia di una giovane donna sull'orlo del baratro della malattia mentale. O forse dovremmo dire di tre donne, perchè se la protagonista è Giulia, una giovane che alla vigilia della laurea tenta il suicidio e finisce ricoverata in psichiatria, il romanzo ci racconta anche le storie di Annalisa, la sorella di Giulia, tormentata da un male oscuro che la spinge a inselvatichirsi e a fuggire nella foresta e di Alex, giovane donna dall'indole di artista, ribelle e drogata.
La lettura ha suscitato pareri contrastanti ed è dunque problematico unificare in una sola voce la pluralità di commenti. In primo luogo la descrizione della realtà psichiatrica. Se il personale medico e infermieristico sembra sposare le idee più illuminate e avanzate della psichiatria, sulle orme di Basaglia, i trattamenti coatti e coercitivi e le cure farmacologiche sembrano appartenere a una concezione più arretrata della cura delle malattie mentali.
L'autrice, in occasione della pesentazione del suo romanzo, ha spiegato che i trattamenti coatti sono necessari per affrontare il ricovero in ospedale e solo in un secondo momento, e là dove il paziente è collaborativo, si possono instaurare legami e relazioni verbali. Ma nel romanzo non si spiega per intero il protocollo della cura e restano dei punti oscuri sui trattamenti e sulle aspettative dei medici.
Certamente la realtà dei soggetti psicopatici e dei tossicodipendenti spesso è più drammatica di quanto possiamo immaginare e a volte ricorrere ai metodi forti può essere l'unica soluzione.
Emerge con chiarezza il concetto che negli anni della gioventù può manifestarsi una fragilità di fronte alla difficoltà di crescere che non tutti gli individui riescono a superare, spesso perchè vittime di disagi consistenti. C'è chi come Annalisa fugge, o si rifugia nella natura, per restarne però avviluppata al punto di confondersi e annullarsi in essa . C'è chi come Alex si ribella e ricorre all'uso indiscriminato di sostanze stupefacenti, ma non riesce a liberarsi dalla schiavitù della droga e ad avere ragione sulle difficoltà della vita.
Infine c'è Giulia, con il suo percorso complicato, il disagio di vivere in un luogo chiuso, con una famiglia maschilista e una madre depressa e il bisogno di altro. Giulia scappa da quella vita che non la soddisfa, cerca un'altra soluzione, arriva ad ingoiare delle pastiglie per farla finita, ma attraverso un percorso costellato di alti e bassi, di fughe e ritorni e di un buon rapporto con chi si prende cura di lei riesce ad affrancarsi, a ritrovare faticosamente il coraggio di tornare alla vita e di convivere con la fragilità che è dentro di lei e dentro tutti noi.

giovedì 6 giugno 2019


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L'estate che sciolse ogni cosa

di Tiffany McDaniel - Atlantide












Un romanzo sorprendente quello della giovane autrice americana, che suscita emozioni e riflessioni profonde e contrastanti a volte, ma che non può lasciare indifferenti.
Il tema di fondo di cui si tratta è il confine tra il bene e il male; argomento più che mai attuale in un mondo dove le regole sembrano destinate a sciogliersi. E spesso a rendere ancora più complessa la comprensione di questo limite interevngono i pregiudizi, che determinano comportamenti irragionevoli e distruttivi. Il romanzo mette in risalto la maniacalità puritana che permea la provincia americana, non solo in relazione alla diffidenza nei confronti dello straniero, ma soprattutto nel rifiuto a priori del diverso. Il 1984 è l'anno in cui l'incubo dell'aids scuote l'America e l'ignoranza diffusa fa temere che il virus possa contagiare tutti gli individui sessualmente attivi.
A Breathed arriva il diavolo. Ma è davvero il diavolo o anche su di lui è il pregiudizio a determinare il comportamento degli abitanti della cittadina?
Si direbbe, leggendo le pagine del libro, che il vero diavolo sia chi non lo è, ovvero che i comportamenti che si discostano dalle consuetudini, che apparentemente rappresentano il male, non  siano cattivi. Al contrario. I cosiddetti benpensanti, quindi la maggior parte della popolazione, nutrono pregiudizi contro il nero, contro chi è malvestito, contro lo straniero, l'immigrato, l'omosessuale... Il diavolo fa crollare le maschere dai volti dei mostri: la madre ubriaca che devasta la figlia di botte, la ragazza che manda il padre in galera accusandolo ingiustamente di molestie, i pedofili "perbene" invasati dal rischio aids che vorrebebro sterminare tutti gli omosessuali.
Si direbbe quindi che il diavolo è nell'essere umano, è una parte di noi. E si manifesta a seconda delle esperienze che ciascuno si porta appresso, specie se traumatiche. Nel caso di Sal, che dovrebbe essere il diavolo, il male sofferto a causa dei genitori violenti produce un effetto opposto.
La famiglia è un tema molto presente, oltre alla famiglia di Sal c'è, protagonista, la famiglia di Fielding. La storia e le relazioni sono raccontate in modo frammentario, ma a scapito della fluidità l'autrice riesce ad approfondirne le dinamiche. Emblematico il caso della madre di Fielding: un dolore violento la blocca e un dolore, se vogliamo ancora più forte e insopportabile, la fa uscire dal suo paranoico isolamento.
La tesi più condivisa è dunque quella che non ci sia un confine così netto tra il bene e il male. E che apparentemente le persone più gentili covino dentro di loro un dolore e una cattiveria repressa pronta a sfogarsi e scoppiare improvvisamente.La vita gioca a nascondino con il demonio. Ma Satana è riconoscibile nel fango di ambiguità che ci circonda?
Un'altra tesi, più forte e disperante, è che Sal sia veramente il diavolo, l'incarnazione del male e che nonostante il suo comportamento gentile, la sua indole sensibile, l'attenzione per chi gli sta vicino egli riesca ad attirare attorno a sè il male peggiore e a evocare in ciascuno di noi il massimo potenziale di malvagità. La comparsa di Sal induce uomini e donne a porre fine alla loro vita disperata, a compiere gesti efferati e folli. Noi ci illudiamo di agire in un'ottica di bontà quando invece l'esito finale delle nostre azioni è la fine. Lo stesso Fileding, protagonista di quei giorni assurdi, con la fine di quell'estate e di quella storia perde la sua vita, o almeno, il senso di una vita degna di essere vissuta.
"Non ero destinato a essere un uomo violento. Ero destinato a ereditare il carattere di mio padre. E di mia madre. Invece alla fine ricevettitti in eredità il carattere di quella estate. Quell'estate divenne mao padre. E mia madre. L'origine della mia vioenza."
Sal innesca una spirale di sofferenza che cresce a ritmo esponenziale, al di là dei limiti della ragione. La paura del diverso, che tutti o quasi avvertono, scatena reazioni inconsulte e precipita la comunità in un vortice nel quale non ci sono armi per contrastare il male. I più deboli si adeguano ai comportamenti e alle scelte più deleterie, anche a costo di andare contro la realtà dei fatti. 
E sopra tanta sofferenza e malvagità un'estate dal caldo opprimente e inesorabile: un fenomeno contro il quale è impossibile, come con il male, lottare e vincere.









mercoledì 8 maggio 2019

Chiederò perdono ai sogni di Sorj Chalandon  Keller editore


Un romanzo potente e doloroso quello dell'autore francese Sorj Chalandon, che dipinge un quadro nitido e puntuale della situazione socio-politica dell'Irlanda dalla seconda metà del '900 fino ai primi anni 2000, quando la vicenda del protagonista si conclude miseramente.
Sono anni di miseria e di lotta, di clandestinità e prigione, in nome di un credo politico e religioso che non ammette la convivenza con la Gran Bretagna, colpevole di soprusi e angherie nei confronti della popolazione cattolica. Il romanzo si ispira a una storia vera e ne racconta i particolari cambiando solo i nomi dei principali protagonisti, ma citando puntualmente i riferimenti agli scontri più sanguinosi e soprattutto alle rivolte carcerarie, culminate con gli scioperi delle coperte e dell'igiene, che portarono alla atroce morte per fame prima Bobby Sands e poi decine di detenuti che scelsero di resistere ad oltranza, sostenuti da amici e famiglie, in un braccio di ferro con una Margaret Thatcher dal pugno di ferro. 
Chalandon ricorre al flashback per interrompere la sequenza di scontri e battaglie e per scavare nella dimensione più intima di Tyrone Meehan, un uomo vittima come tanti della storia del suo paese. 
La condizione sociale dell'Irlanda è grave e priva di sbocchi per il futuro, la prevaricazione della Gran Bretagna è ineluttabile. Ai giovani, figli a loro volta di uomini duri e provati dalla lotta per l'esistenza, non resta che abbracciare la causa dell'indipendenza e accettarne le regole. Ma il percorso di Tyrone Meehan si rivela più intricato. L'uccisione involontaria del compagno provoca una catena di conseguenze che lo porteranno a scegliere la via del tradimento come unica soluzione possibile per proteggere la sfera degli affetti familiari e salvaguardare l'integrità del movimento.
Chalandon focalizza il dramma del "non detto": la verità taciuta ai compagni dopo lo scontro, ai familiari, agli amici, l'enorme macigno della scelta di collaborare con il nemico. Non c'è un momento in cui Tyrone Meehan riesca ad aprirsi e condividere il peso della sua tragedia. Persono la moglie gli chiede di tacere.
E non si può esprimere un giudizio su questo orribile tradimento: la guerra non consente alternative e obbliga a operare scelte che vanno al di là della morale. Il singolo non agisce mosso dalla propria individualità; ciascuno nasce, vive e muore nella collettività e per la collettività. Come è chiaro si tratta di una tragedia terrificante in cui un popolo intero lotta per l'indipendenza della sua terra. Purtroppo la storia ci ha dimostrato come l'esito di questa lotta sia stato disastroso e come possa esserlo in futuro per altri popoli che si battono strenuamente per i loro diritti.
La pace sognata e desiderata da Tyrone Meehan e dai suoi compagni di lotta sarà una tregua, una sospensione della lotta, ma i grandi sogni di indipendenza saranno destinati a svanire.


giovedì 4 aprile 2019

La signora della porta accanto di Yewande Omotoso - 66THA2ND

Una narrazione fluida e godibile ci accompagna a scoprire la storia di due donne e due famiglie nel Sudafrica contemporaneo. Non si tratta di certo di un romanzo profondo ma attraverso il racconto delle vite di due donne antagoniste tra loro ma in qualche modo molto simili, l'autrice ci offre uno spaccato sulla situazione del Sudafrica nel post-apartheid e dipinge il ritratto di due persone singolari.
In tutto il romanzo si avverte un razzismo diffuso di fondo: ogni occasione è buona per sottolineare una diversità che nonostante l'abolizione delle leggi razziali ancora domina nella classe agiata. Quando Hortensia, dopo aver acquistato la casa nel comprensorio dei ricchi di Città del Capo, suona al campanello di Marion per presentarsi e annunciare di avere intenzione di partecipare alle riunioni del comitato, quest'ultima la tratta con sufficienza e addirittura le fa intendere di averla scambiata per una persona di servizio. Il denaro e il marito bianco la affrancano da una situazione di inferiorità che invece opprime domestici, autisti e inservienti. Non può esistere una relazione di amicizia tra bianchi e neri là dove c'è subalternità.
L'elemento che accomuna le due donne è il successo che entrambe hanno raggiunto nelle rispettive professioni, designer l'una e architetto l'altra, a costo di grande fatica e di rinunce.  L'ambizione le ha portate a sacrificare le relazioni con le persone più care per dedicarsi con tutte le energie all'attività lavorativa. Entrambe sono affascinate più dalla bellezza che dalla profondità delle persone e tengono più all'esteriorità che ai contenuti. 
E' così che entrambe si ritrovano vecchie, malandate e soprattutto molto sole. Hortensia ha accumulato dentro di sè una estrema durezza, frutto di scelte sbagliate e di un rancore mai risolto nei confronti del marito che l'ha tradita. Piuttosto che affrontare la realtà e di decidere per la separazione, scelta che per una donna affrancata e affermata come lei non dovrebbe porre troppe difficoltà, lo punisce con una chiusura totale nei suoi confronti, che non concede spazio alla possibilità di rappacificazione. 
Un malaugurato evento costringe le due nemiche a una convivenza forzata. Sarà l'inizio di un'amicizia tardiva? Non sembrerebbe possibile: Hortensia è cinica e sarcastica, le sue battute sono pungenti e cattive, mentre Marion dal canto suo resta invidiosa e astiosa. A poco a poco però di fa strada un barlume di relazione fra le due donne, un germe di rapporto che faticosamente radica nei loro cuori. Potrebbe generare un sentimento più solido, ma non è facile avviare un cambiamento in età così avanzata.
Le figure più positive sono quelle di Bassey e di Agnes, persone corrette, dignitose, umane.
Il romanzo avrebbe sicuramente potuto approfondire diversi temi: razzismo, emancipazione femminile, rapporti matrimoniali e relazioni familiari. Invece propone una carrellata di situazioni che  sì, ci fanno riflettere, ma non sviscerano la vera essenza delle problematiche. Emerge con evidenza la sostituzione dei valori di successo, bellezza, eleganza ai sentimenti di amore e amicizia e alle relazioni con le persone. Le due donne sono espressione di una vita dedicata in tutto e per tutto alla ricerca del bello. Che non basta per costruire un'esistenza.