mercoledì 28 giugno 2017

Il libro di mio padre

di Urs Widmer - Keller editore. Traduzione di Roberta Gado



Il libro scelto per l'incontro del gruppo di lettura è Il libro di mio padre, dello scrittore svizzero Urs Widmer (1938-2014), erede di Max Frisch e Dürrenmatt e figlio di un noto traduttore e critico letterario, Walter Widmer.
L'aspetto che più ha colpito nella lettura del romanzo è la narrazione piana e diretta, un lungo racconto che accompagna la vita di questo padre, dalla fanciullezza agli ultimi giorni. Il protagonista però è stato percepito in maniera diversa: molti hanno provato un moto spontaneo di simpatia nei confronti di quest'uomo vivace, positivo e ottimista, immerso nel suo mondo di lettere e di arte. Altri lettori lo hanno visto piuttosto come un marito assente, menefreghista, poco attento alle necessità della famiglia e del figlio.
E' importante tuttavia considerare l'ambiente in cui vive Karl, il mondo degli artisti nell'epoca tra le due guerre. La passione per l'arte, per la scrittura, per ogni forma di manifestazione estetica prende il sopravvento su ogni altro aspetto della vita, dai bisogni primari alle relazioni familiari. E una vita dedita all'arte, alla lettura, alla conoscenza è soprattutto una vita libera.
Il figlio, che riscrive la sua vita, ha idealizzato la figura del padre, ripercorrendo giorno dopo giorni i suoi passi. Dalle pagine del romanzo scaturisce un sentimento di gioiosità, nonostante le difficoltà attraversate dai personaggi. Quella di Karl, benchè sconnessa a volte dalla realtà e dalla quotidianità, è una vita vissuta fino in fondo, densa di relazioni, di entusiasmo, di divertimento.
Molto importante il ruolo delle tradizioni, che irrompono nella narrazione con la magnifica descrizione del cammino iniziatico del giovane Karl verso il paese d'origine dei genitori, attraverso boschi selvaggi e intemperie. Al villaggio, dove fuori dalle case sono impilate le bare dei membri della famiglia (un tangibile segno che la vita non è eterna...) gli viene donato, durante una cerimonia a cui partecipano tutti i compaesani, un libro bianco. Dovrà riempirlo con il racconto quotidiano della sua vita e dovrà scriverlo fitto se vuole avere spazio sufficiente fino alla fine dei suoi giorni.
Il libro bianco è una chiara metafora della vita: ciascuno di noi è artefice della propria esistenza ed è chiamato a viverla con intensità, dal primo all'ultimo giorno.
Il libro che Karl ogni sera ha compilato con passione alla sua morte sparisce, gettato via dalla moglie, forse per cancellare il ricordo dell'uomo che l'ha accompagnata per tutta la vita o per sancire la caducità della vita.. Ma la fine impietosa del libro di una vita nel bidone dell'immondizia potrebbe anche significare la scomparsa delle antiche tradizioni. Del resto, anche al villaggio, le bare non ci sono più: sono state eliminate perchè spaventavano i turisti...
Qualche curiosità sulle figure simboliche inserite dall'autore nella narrazione (ringrazio la traduttrice per questi approfondimenti).
In diversi paesi  svizzeri e tedeschi meridionali c'era la tradizione piuttosto diffusa di esporre la bara con la salma fuori dalla porta di casa. Il primo elemento rituale delle esequie consisteva proprio nell'allestire una bara davanti a casa e nell'esporvi il defunto; gli altri paesani passavano a rendergli omaggio nel corso della mattina e lasciavano dei fiori dentro la bara aperta. Dell'usanza di allineare le bare di tutti i membri della famiglia fuori casa non si trovano invece riferimenti. L'ipotesi più probabile è che Widmer - autore capace di tessere trame e racconti fantastici - ci abbia ricamato metaforicamente sopra, inventandosi il resto. Del resto tutti i suoi romanzi sono frutto del connubio tra fatti veri e inventati. Come ricorda una nostra lettrice anche in Valtellina, regione storicamente legata al cantone svizzero dei Grigioni, in passato i ragazzini giocavano a sdraiarsi immobili fuori casa, fingendosi morti.
E' invece interessante notare che il "Libro Bianco" (con le lettere maiuscole - das Weisse Buch) è un testo fondamentale della storia svizzera, in quanto contiene la prima attestazione della saga di fondazione di Guglielmo Tell, eroe nazionale svizzero. Il primo riferimento all'eroe leggendario appare appunto in un manoscritto del 1470, il Libro Bianco di Sarnen (nel Cantone di Appenzell) compilato dal dotto cavaliere  Hans Schriber per raccogliere cronache e dati storici sulla confederazione elvetica. Alle cronache raccolte nel manoscritto si ispirò Friedrich Schiller per scrivere nel 1804 il dramma Wilhelm Tell. Il Libro Bianco di Sarnen è un cartulario (registro manoscritto) conservato nella cancelleria della città, in cui venivano riportate le norme e i decreti amministrativi. Nella parte finale era trascritta tra le altre la leggenda dell'eroe Guglielmo Tell. Il nome derivava dal colore della coperta (poteva essere anche rossa o di colore argento).
Anche con il libro bianco dunque Widmer prende spunto dalla tradizione e costruisce la sua opera di fantasia.


martedì 27 giugno 2017

rimandato incontro con Gianni Morelli


Per ragioni legate al meteo previsto per domani
siamo costretti a rimandare l'incontro con Gianni Morelli al 26 luglio.


mercoledì 28 giugno - ore 21.30
Gianni Morelli presenta "Rosso Avana" - Adv publishing
una rocambolesca storia alla vigilia della rivoluzione cubana.
L'autore dialoga con Katia Trinca.
In pedana Manuela Beretta e Fabiano Trabucchi

venerdì 23 giugno 2017

Compiti delle vacanze e libri di testo

Potete ordinare in libreria sia i libri dei compiti delle vacanze 
sia i libri di testo per il nuovo anno scolastico!

vi aspettiamo!
buona estate!

Appunti per strada incontro con Gianni Morelli



Mercoledì 28 giugno ore 21.30
Gianni Morelli presenta  "Rosso Avana" - Adv publishing
Una rocambolesca storia alla vigilia della rivoluzione cubana.
L'autore dialoga con Katia Trinca.
In pedana per tango e milonga i ballerini Manuela Beretta e Fabiano Trabucchi

All’Habana Hilton, grande hotel fresco di inaugurazione, negli ultimi giorni del 1958 un drammatico incidente costringe la cameriera Alicia a una fuga rocambolesca tra i quartieri di una città in equilibrio precario fra un presente che è già passato e un futuro che molti non sanno ancora vedere. Negli stessi giorni, tre suite dell’hotel diventano la sede del Principe di Costantinopoli in visita alla capitale delle Antille. La sua presenza ha i toni paradossali e altisonanti di un’ambasceria di antichissimo lignaggio alle prese con il Nuovo Mondo. Intorno, Cuba è una colonia di Washington e di Cosa Nostra. Ma il mondo delle Cadillac, delle roulette, della dittatura, dei bordelli, della corruzione, dei neon luccicanti che nascondono la miseria dell’isola, è minacciato dalla rivoluzione in marcia verso L’Avana. La vicenda del Principe, ispirata alla cronaca del tempo (sia cubana, sia italiana) e l’avventura di Alicia procedono parallele mentre sullo sfondo scorrono immagini di marciapiedi affollati, di addobbi natalizi nei grandi magazzini, di cadaveri gettati nella strade di periferia, di nuovi televisori a colori nelle vetrine, di odore di fritto, di tailleur francesi sulle riviste, di biglietti della lotteria, di stanze piene di bambini nella città vecchia. Capodanno si avvicina, il ritmo accelera, e le storie dei personaggi tessono intrecci sorprendenti fino ad arrivare, l’ultima notte dell’anno, in una casa dai muri lilla e in un cinema chiuso, deserto, assediato dai paramilitari di Batista.

Gianni Morelli, scrittore, viaggiatore, geografo. Scrive racconti, romanzi e soggetti cinematografici. Per Garzanti ha pubblicato il romanzo "Amori, altopiani e macchine parlanti" (2009), tradotto in spagnolo (2016). Ha pubblicato racconti in Italia, in Svizzera e a Cuba. Sui temi dell’inganno e della truffa, che sono anche al centro di Rosso Avana, ha pubblicato recentemente "I maestri della truffa". Quando l’inganno è una questione di stile (White Star, 2016), tradotto in inglese e francese. Ha scritto articoli di viaggio, geografia, storia, costume per riviste e quotidiani nazionali; e testi sugli stessi argomenti per le principali case editrici italiane, alcuni dei quali tradotti in inglese, francese, spagnolo, portoghese. Nel 1979 ha collaborato all’ideazione delle ClupGuide, collana di libri di viaggio che ha diretto fino al 2008. Dal 2001 dirige il laboratorio editoriale Iceigeo di Milano.

venerdì 9 giugno 2017

Appunti per strada di giugno

Finalmente è arrivata l'estate e cominciano anche i mercoledì estivi in città! 
La libreria sarà aperta per tutti i mercoledì di giugno e luglio dalle ore 21. 
Abbiamo in programma tante sorprese!
Come consuetudine da un paio d'anni presenteremo libri e discuteremo con gli autori....in strada, davanti alla libreria!
Vi aspettiamo!





martedì 6 giugno 2017

La vegetariana di Han Kang


Come si poteva prevedere la discussione del gruppo di lettura sul romanzo "La vegetariana" che si è svolta sabato 28 giugno, è stata piuttosto accesa e ha solllevato molteplici temi e pareri non sempre allineati.
Gl interventi che hanno dato il via alla discussione hanno manifestato un giudizio negativo su un romanzo collocato in un ambiente troppo distante, fisicamente e culturalmente, da quello in cui viviamo. La lettura ha suscitato emozioni negative, suscitate dalla violenza subita dalla protagonista, dalla sua passività, dall'impossibilità di vivere un momento di relazione.
Di certo sono sensazioni che pervadono il romanzo e ci parlano di un'esistenza sofferta e sofferente, ma attraverso poche e sintetiche immagini rivelano un mondo e una vita segnata da esperienze indelebili.
Il titolo - secondo alcuni non troppo calzante - si riferisce alla scelta che la protagonista manifesta di non volere più assumere cibi animali. Il rifiuto del cibo non si esaurisce qui: la giovane donna a poco a poco rifugge tutto ciò che si manifesta come umano, carnale, animale per rifugiarsi - e lo capiremo solo proseguendo nella lettura, in un suo mondo immaginario e immaginato che appartiene al regno vegetale, fatto di luce, acqua e purezza. Ma questa fuga dal mondo della carne è una fuga dalla vita o una trasformazione?
A questa domanda i presenti hanno dato risposte differenti. Secondo alcuni la sua anoressia schizofrenica è una vera e proprio manifestazione patologica, per altri una presa di coscienza, una scelta di non appartenere a un mondo che la disgusta, così come la disgusta la carne. Un mondo fatto di uomini violenti e insignificanti, comunque inetti e di donne sottomesse e incapaci di prendere in mano la propria vita. All'estremo opposto questa scelta è stata vista come l'inizio di un percorso di autodistruzione e graduale rinuncia alla vita.
Peraltro è necessario tenere in considerazione il fatto che l'autrice e il suo scritto sono parte del mondo e della società orientali, pervasi da retaggi spirituali diversi da quelli ai quali siamo più abituati noi lettori occidentali. Gli atteggiamenti di estraniazione, fuga, nichilismo, sono verosimilmente legati a un'eredità culturale che considera metamorfosi e rinascita momenti diversi ma altrettanto veri del nostro passaggio sulla terra.
Per quanto concerne l'atteggiamento dei familiari, delle persone vicine e della società in generale nei confronti di questa donna e del suo rifiuto di vivere la condizione umana sono emerse molteplici osservazioni.
Comune il giudizio sugli uomini, padre, marito e cognato: sono tutti falliti e perdenti nel loro atteggiamento egoista. Anaffettivo e inetto il marito, violento e prepotente il padre, irrisolto e mediocre il cognato artista. Nessuno di loro, nemmeno per un istante, si chiede il perchè del turbamento della donna o tantomeno prova a fare qualcosa per lei. Si preoccupano delle apparenze e del giudizio della società i primi due, mentre il cognato coglie l'occasione per tentare la realizzazione del suo sogno erotico/artistico, senza peraltro riuscirci.
Secondo alcuni il rapporto tra questi uomini e la protagonista è solo una storia di abuso ed è proprio questo l'elemento che scatena la "follia" di Yeong-hie, il suo rifiuto nei confronti della vita.
La società non si prende cura di lei: la malattia o comunque il disagio psichico non è ammesso. Il ricovero coatto, reso inevitabile dalla condizioni fisiche della donna, è solo l'anticamera della fine. La società non può (o forse non vuole?) fare nulla per lei.
Un atteggiamento più umano e un tentativo di comprensione viene dalla sorella, che intuisce quanto poco possa bastare per uscire dalle convenzioni sociali, dalla cosiddetta normalità, da un equilibrio fasullo per lasciarsi andare alle pulsioni più profonde e abbandonarsi alla fine. Lei stessa accarezza l'idea che solo l'epilogo finale di questa storia possa restituire a Yeong-Hie la pace e la dignità.
La dignità di una buona morte è stato anche l'ultimo commento che il tempo dell'incontro ci ha permesso di esprimere.

Ringraziamo tutti i partecipanti al gruppo di lettura e alla discussione. Per la fiducia con cui hanno accolto le proposte di lettura della libreria e per la disponibilità con cui hanno espresso le loro opinioni e i loro commenti su temi assolutamente profondi e difficili.
Saremo liete di aggiungere a questo testo eventuali precisazioni o opinioni che ci siano sfuggite.
Il gruppo si riunirà sabato 24 giugno per parlare de: Il libro di mio padre di Urs Widner - Keller editore