Tutto quello che è un uomo
David Szalay
Adelphi
Un romanzo molto originale nella struttura quello del giovane scrittore nato a Montreal e residente in Ungheria. Si articola infatti in una serie di racconti, nove per l'esattezza, apparentemente slegati tra loro. Parlano di giovani in viaggio, di coppie clandestine in difficoltà, di uomini spregiudicati, di incontri casuali. In realtà tutte queste storie dipingono un solo quadro esistenziale: la dimensione della solitudine.
Ogni protagonista del romanzo è un uomo solo, privo di relazioni familiari significative e di amicizie vere e profonde, che vive la sua esistenza in una generica superficialità, senza mai porsi di fronte al destino con un progetto definito, con la volontà di fare un passo in più per cambiare il corso delle cose e dare un senso alla sua vita o una profondità ai suoi rapporti con gli altri.
E' un uomo che si lascia vivere e persegue, senza nemmeno troppo accanimento, solo il richiamo del desiderio e del denaro. L'immagine che ne scaturisce è quello di una realtà decadente e demotivata che calza perfettamente al modello antropologico dell'uomo europeo contemporaneo.
Potrebbe sembrare una visione esageratamente critica nei confronti dell'umanità e fortunatamente non tutti gli uomini che conosciamo e con i quali abbiamo relazioni familiari e affettive sono identificabili con l'uomo di Szalay, ma all'autore interessa ritrarre quel tipo di uomo - un tipo d'uomo tutt'altro che raro nelle diverse nazioni europee in cui sono ambientati i nove racconti - fissarne il carattere comportamentale e reiterare l'immagine spostando il campo d'azione.
Colpisce l'assenza quasi totale di sentimenti ma è proprio questa "liquidità" dell'essere che Szalay vuole fotografare offrendoci lo spunto per riflettere sulla necessità di recuperare una sfera relazionale più intensa, una progettualità di vita più determinata e il gusto di vivere con intensità e profondità ogni momento della vita.
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