I pesci non hanno gambe
di Jon Kalman Stefansson
Iperborea
La scelta del primo volume del dittico dell'autore islandese per il gruppo di lettura di febbraio è legata all'opportunità che la casa editrice ci ha offerto di ospitare in libreria Jon Kalman Stefansson per un incontro con i nostri lettori.
E' stata una occasione unica per approfondire i temi trattati in questo e negli altri suoi libri e per conoscere dalla viva voce dell'autore, intervistato dalla traduttrice Silvia Cosimini, le motivazioni che lo hanno indotto a scrivere.
I romanzi di Stefansson narrano storie, spesso molto articolate e sovrapposte nel tempo e nello spazio, che ci parlano dell'avventura dell'esistenza, della durezza della natura, della lotta che l'uomo è costretto a condurre per sopravvivere. Le vicende dei personaggi si alternano a profonde riflessioni sul senso della vita, sulle relazioni, sul significato esistenziale delle parole.
La lettura risulta di conseguenza impegnativa, ma sicuramente ricca. A volte sembra di leggere poesia, ed è proprio nell'esperienza poetica che l'autore ha mosso i suoi primi passi. Stefansson confessa l'insuccesso delle prime esperienze poetiche, ma ricorda di non essersi abbattuto, al contrario, di aver coltivato allora e sempre il desiderio di scrivere e raccontare la vita dell'uomo.
La terra d'origine, l'Islanda, è il filo conduttore delle sue opere. La natura descritta è aspra, selvaggia, essenziale e costringe gli uomini a mettersi alla prova a prezzo di fatica, morte, dolore. "Chi non prova nessun dolore o emozione di fronte all'esistenza ha il cuore freddo e non ha mai vissuto - devi essere riconoscente per le tue lacrime". Ma se anche il dolore è il filo conduttore delle nostre esistenze non dobbiamo arrenderci, al contrario, dobbiamo cercare la forza per vivere nelle parole, nelle relazioni, nella contemplazione di un cielo stellato o del mare infinito.
Le generazioni passate avevano un rapporto più immediato e profondo con la terra e con la natura in generale; le stagioni scandivano la loro vita, il sole interminabile dell'estate e il buio della notte invernale, la furia del mare e l'aridità della terra. L'uomo contemporaneo ha cercato di addomesticare la natura, di sfruttarla per fini economici e produttivi ma senza ottenere fino in fondo il suo scopo. Il rischio che corriamo è proprio quello di allontanarci dalla concretezza della natura e perdere anche lo spessore della nostra anima.
E' molto difficile dare unità a una riflessione globale sul libro, il cui valore immenso è nelle immagini poetiche che si rincorrono, pagina dopo pagina, e regalano momenti di grande bellezza. Per questo in molti insistiamo a ribadire che al di là della vicenda, o delle vicende narrate, è bello rileggere le pagine di questo autore e cogliere le emozioni e i sentimenti che sa suscitare. La storia di Ari avrà il suo epilogo nel secondo libro, Grande come l'universo, e si concluderanno anche la storia di Margret, del padre e degli altri personaggi che abbiamo incontrato.
"Abbraccio è senza dubbio la parola più bella di ogni lingua. Usare entrambe le braccia per toccarsi, creare un anello intorno a un'altra persona, unirsi a lei,per un attimo, due persone che diventano una nel flusso della vita, sotto il cielo aperto, e magari un cielo senza Dio. Tutti abbiamo bisogno in qualche momento della vita, di poter contare su un abbraccio, a volte un bisogno doloroso, un abbraccio che può essere una consolazione, un pianto liberatorio o un rifugio quando qualcosa si è rotto. Desideriamo un abbraccio semplicemnte perchè siamo esseri umani e il cuore è un muscolo sensibile"
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